Carissimi,

Quest’anno desidero consegnarvi un messaggio di semplicità che scaturisce dal mio cuore insieme ai miei più cari auguri.

Abbiamo cantato maranathà, vieni Signore Gesù. Abbiamo chiesto al Signore di guardare la nostra povertà e fragilità per condividerla. Il cammino di Avvento ci ha aiutato a scendere dal piedistallo e a farci piccoli e capaci di stupirci dinanzi alla semplicità. E in questi ultimi giorni con entusiasmo e gioia abbiamo abbellito le nostre case di luci e colori che traducono la gioia trepidante di chi aspetta un felice evento. Tutto canta e profuma di gioia, di serenità.

Ci siamo preparati a questo Natale? Ci siamo preparati solo correndo a fare acquisti e regali? Ci siamo occupati di fare la spesa per le maestose cene e gli interminabili pranzi? Che bello tutto questo! Che bello se tutto questo è solo l’aspetto esteriore di una preparazione interiore ad essere dono noi stessi, ad avere il cuore spalancato per amare, perdonare, accogliere. Che bello sarebbe se vestissimo il nostro Natale di giustizia, di pace, di amore, di condivisione… Se in occasione del Natale aprissimo le nostre case a chi è meno fortunato, povero o semplicemente solo. Perchè non proviamo ad invitare qualcuno che sia solo, povero, senza tetto? Perchè non portiamo la spesa ad una famiglia bisognosa o trascorriamo il Natale con loro? Questo sarebbe un vero Natale preparato, vissuto, ricco e soprattutto celebrato nel suo significato più vero e profondo: Natale è incontro, accoglienza, abbraccio e quindi celebrazione.

Incontro tra Dio è l’uomo, tra una richiesta pressante di maranathà e la risposta definitiva Emmanuel. Dio e l’uomo si riabbracciano in Cristo.

Abbraccio dunque tra Dio e l’umanità. Questo abbraccio si realizza nell’abbraccio al fratello, al povero, al discriminato, al diverso, al nemico.

Accoglienza da parte di Dio che riapre i cieli per riammettere l’uomo che Egli ama e da parte dell’amato uomo che deve accettare di essere amato, accogliere, come la mangiatoia di Betlemme, questo piccolo bambino che nasconde in sè la pienezza dell’amore. Accogliere Gesù per accogliere se stessi, per accogliere l’uomo, l’umanità, il prossimo. Accogliere per amore sull’esempio di Gesù.

Celebrare non è solo ricordare, ma rivivere, attualizzare, rendere presente nel mio quì ed oggi della mia vita.. L’annuncio dell’angelo ai pastori: “Oggi è nato per voi un Salvatore” (Lc 2,11) continua ad essere attuale. La gioia che può derivarne è offerta anche a noi in questo nostro tempo, tanto pieno di contraddizioni, giorno dopo giorno. 

Miei amati, il nostro maranathà oggi si realizza con un Emmanuel, con un Dio che si è voluto fare il “con noi”, nostro compagno di viaggio, con un bambino che nasce e chiede di fargli posto nella nostra vita, l’atteso oggi è presenza. Non siamo più soli, non possiamo più sentirci abbandonati, perchè Egli è nato per restare con noi sempre fino alla consumazione dei tempi, lì dove siamo, nelle realtà in cui viviamo, nelle situazioni che viviamo di serenità, di gioia, di felicità e realizzazione, ma anche nella malattia, nella sofferenza e nella solitudine, nella discriminazione, nell’abbandono; nella vita di ogni giorno, nella quotidianità e soprattutto nelle cose semplici.

La salvezza che tutti cerchiamo, desideriamo e aneliamo, angustiati, angosciati spesso per la crisi occupazionale ed economica che molti di noi vivono in prima persona o di riflesso per familiari, amici o membri delle nostre comunità; o sofferenti per i problemi di salute, di incertezza perchè colpiti da calamità naturali o dalla violenza e dalla guerra, o per le difficoltà familiari e sociali determinate dall’affievolirsi dei valori della giustizia e della solidarietà che sembrano sempre più rari intorno a noi, è ancora possibile. Dio vuole essere ancora presente nella nostra vita e viene a salvarci.

L’Incarnazione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompagna. Prende lui l’iniziativa e viene a cercarci. La sua presenza è umile e discreta, ma certa. Ci chiede una conversione che può sembrarci difficile da realizzare, abbagliati dai miti della forza e della potenza, dell’autocompiacimento e dell’autoaffermazine, della spasmodica ricerca dei primi posti, dei benefici di una corsia privilegiata . Senza Dio finiamo per far prevalere il nostro egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere, l’afferrare sul donare e donarsi. Se ci apriamo alla fede in lui possiamo sperimentare davvero il suo amore, superare la tentazione dell’autosufficienza e dell’orgoglio e trovare salvezza.

Quel Bambino nato a Betlemme è la nostra unica speranza di salvezza. Andiamogli incontro con disponibilità, con gioia, entusiasmo e cuore aperto come i pastori, come i Magi. Impariamo dalla fede di Maria, sua e nostra Madre, attenta a considerare e meditare nel cuore tutto ciò che avviene intorno a lei (Lc 2,19), pronta a fare tutta la sua parte, a ripetere e rinnovare ogni giorno il suo “si” ad accogliere la volontà del Padre per entrare nel mistero di Dio: Cristo, il Salvatore, nascerà anche oggi in noi.

Auguri e che quest sia per tutti un “vero” Natale!

+Agostino