In questa quaresima, ritengo mio dovere far giungere a tutti voi, miei fratelli presbiteri, diaconi, ai fedeli battezzati e all’intera comunità ecclesiale, la mia voce ed il mio incoraggiamento per vivere questo tempo speciale e prezioso, questo kairòs in preparazione alla Pasqua del Signore.

​La Pasqua è il culmine nella vita e nella missione di Gesù, centro della vita della Chiesa, Corpo mistico del Cristo, Sacramento primo di salvezza. ​La Pasqua del Signore che è mistero di passione, morte e di risurrezione, rappresenta il centro e il culmine nella nostra vita cristiana. Non saremmo cristiani senza essere immersi nel fonte battesimale e segnati dal mistero di morte e risurrezione del Signore (Rm 6,5-7). Nella Veglia pasquale, al momento culminante, rinnoveremo insieme le promesse battesimali, con le quali abbiamo rinunziato a Satana e abbiamo professato la nostra fede trinitaria. Prima di arrivare a questo, la chiesa ci offre un tempo congruo affinchè ognuno di possa possa giungervi con il cuore risanato dall’esperienza della misericordia del Padre.

​Il cammino quaresimale non è solo un richiamo alla conversione personale, ma un cammino comunitario alla sequela di Cristo tentato e vittorioso nel deserto, nuovo Mosè, che guida il suo popolo nell’esodo che porta al Padre ed al recupero della piena libertà di figli, verso la nuova vita, illuminata e rivestita di Cristo. La quaresima è il tempo propizio in cui ognuno di noi riscopre la tenera misericordia del Padre che attende il nostro ritorno. Se vogliamo andare incontro al Padre, dobbiamo dirigerci verso il povero, verso il reietto, il disgraziato, verso coloro che nella nostra società sono respinti, maltrattati, abbandonati a se stessi. Non possiamo presentarci al Padre se non abbiamo le mani sporche di umanità. I nostri paramenti devono odorare di umanità, di povertà. Devono sempre essere bagnati da quelle lacrime che abbiamo asciugato dagli occhi di coloro a cui è stata strappata la gioia di sentirsi amati e figli di Dio, dagli occhi di coloro a cui è negata ogni dignità.

Il monito della quaresima è quello alla santità, una santità non atarassica, mistica, avulsa che spinge a guardare in alto solamente. Essere santi non può essere un atto di presunzione o di snobismo spirituale, ipocrita, ma una scelta quotidiana che ci deve spronare a rivolgere lo sguardo a chi ci sta accanto per farcene carico. Non possiamo, vedendo l’uomo sceso da Gerusalemme ferito e moribondo, passare oltre ma, come il buon samaritano, dobbiamo fermarci e prenderci cura di lui anteponendo ai nostri interessi, quelli di chi si trova nel bisogno o in difficoltà.

“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Và e anche tu fà lo stesso”. (Lc. 10,29-37)

La quaresima è tempo di digiuno, un digiuno non dal cibo o dalle bevande, ma un digiuno spirituale, radicale, intimo, un digiuno da se stessi, dal proprio egoismo, dalla fame e dalla sete di autoaffermazione, di autocompiacimento. Un digiuno che pone il “tu” prima dell’ “io”, che antepone il fratello a se stessi. In definitiva, la quaresima è il cammino che ognuno di noi intraprende per ritornare al Signore “con tutto il cuore”, è il cammino di una conversione non superficiale e transitoria, ma un itinerario spirituale che riguarda il luogo più intimo della nostra persona: il cuore. Il cuore, infatti, è la sede dei nostri sentimenti, il centro in cui maturano le nostre scelte, i nostri atteggiamenti. Quel “ritornate a me con tutto il cuore”, come abbiamo detto, non coinvolge solamente i singoli, ma si estende all’intera comunità, è una convocazione rivolta a tutti: «Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo» (Gioele 2, 16).

Questo ritorno, questo itinerario è un cammino di gioia sebbene vissuto nel deserto in cui lo Spirito ci spinge. Così come per Gesù, nel deserto, dobbiamo fare esperienza di svuotamento da noi stessi, dobbiamo vivere la nostra chenosi personale e comunitaria per fare posto al Signore, alla gioia piena della Pasqua.

La polvere con cui ci cospargeremo il capo deve arrivare ai nostri piedi, deve pervadere tutto il nostro essere. I nostri piedi devono essere impolverati dal cammino. Dobbiamo lasciare i palazzi, le certezze, gli agi, per tuffarci nel mondo dove essere compagni di viaggio dell’umanità, degli uomini che Dio ama. Come Gesù, l’Emmanuel-Dio-con-noi, dobbiamo camminare per le vie del mondo per sanare ferite, per restituire dignità, per essere sale e luce, segno e strumento di quell’amore misericordioso che ci viene riversato in abbondanza.

Cari fratelli e sorelle, il Signore non si stanca mai di avere misericordia di noi, e vuole offrirci ancora una volta il suo perdono – tutti ne abbiamo bisogno – , nessuno può sentirsi tanto giusto e santo da non aver bisogno della misericordia del Signore, invitandoci a tornare a Lui con un cuore nuovo, purificato dal male, purificato dalle lacrime, per prendere parte alla sua gioia. Questo è l’invito quaresimale. Come accogliere questo invito? Ce lo suggerisce san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor. 5,20). Questo sforzo di conversione di cui abbiamo parlato, non è soltanto un’opera umana, è lasciarsi riconciliare, permettergli di amarci follemente e teneramente. La riconciliazione tra noi e Dio è possibile grazie alla misericordia del Padre che, per amore verso di noi, non ha esitato a sacrificare il suo Figlio unigenito. Infatti il Cristo, che era giusto e senza peccato, per noi fu fatto peccato (v. 21) quando sulla croce fu caricato dei nostri peccati, e così ci ha riscattati e giustificati davanti a Dio. «In Lui» noi possiamo diventare giusti, in Lui possiamo cambiare, se accogliamo la grazia di Dio e non lasciamo passare invano questo «momento favorevole» (6,2). Per favore, fermiamoci, fermiamoci un po’ e lasciamoci riconciliare con Dio.

Con questa consapevolezza, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Maria Madre di Gesù e Madre nostra, sostenga il nostro cammino spirituale, umano e sociale contro il peccato, contro il nostro egoismo e menefreghismo, contro la nostra cecità e sordità, ci accompagni in questo momento favorevole, perché possiamo giungere a cantare insieme l’esultanza della vittoria nel giorno della Pasqua come uomini nuovi, rinnovati dal dono dello Spirito. E come segno della volontà di lasciarci riconciliare con Dio, oltre alle lacrime che saranno “nel segreto”, non solo per i nostri peccati, ma per il dolore del mondo, per la compassione che dobbiamo avere nei confronti di ogni lacrima versata, cominciamo cospargendo il nostro ego di cenere, andiamo incontro ai piedi del fratello per lavarli. «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» (cfr Gen 3,19), «Convertitevi e credete al Vangelo» (cfr Mc 1,15). Entrambe le formule costituiscono un richiamo alla verità dell’esistenza umana: siamo creature limitate, peccatori sempre bisognosi di conversione. Quanto è importante ascoltare ed accogliere tale richiamo in questo nostro tempo! L’invito alla conversione è allora una spinta a tornare, come fece il figlio della parabola, tra le braccia di Dio, Padre tenero e misericordioso, a piangere di felicità e di gioia in quell’abbraccio, a fidarsi di Lui e ad affidarsi a Lui.

Incominciamo dunque con gioia e generosità il cammino della Quaresima, tempo in cui cerchiamo di unirci più strettamente al Signore, per condividere il mistero della sua passione e della sua risurrezione.

Licata, 08-02-2014 san Girolamo Emiliani

+ Agostino De Caro

Vescovo