Amor vincit omnia
Nota pastorale matrimonio egualitario e famiglia
In questi giorni si fa ancora più aspro il confronto politico su un argomento che tocca intimamente la vita di molte persone in merito a quello che semplicemente viene chiamato “matrimonio omosessuale” proprio per banalizzarne i contenuti e impoverirne il significato più intimo e profondo. In questo contesto già abbastanza difficile arrivano le ennesime dichiarazioni del Presidente della CEI il quale si schiera apertamente appoggiando pubblicamente il «family day».
Sebbene gli organizzatori la definiscano una manifestazione “in favore” e contro nessuno, di fatto non ha altro fine che essere contro il DDL Cirinnà adducendo argomenti e motivazioni propagandiste menzognere e profondamente fondamentaliste. Quello che rende tutto questo grave e inaccettabile è che non si tratta di semplici speculazioni, ma che si giochi sulla pelle della gente: su quella delle persone LGBT e dei loro figli che sono violentati nella loro dignità di esseri umani; ma anche su quella degli eterosessuali che vengono raggirati e a cui si fa credere che questo DDL o qualsiasi riconoscimento di diritti sia una minaccia contro le «loro» famiglie e contro i «loro» figli.
Tutto questo è assurdo, vergognoso e disdicevole proprio da parte della Chiesa cattolica che invece dovrebbe essere sempre in prima linea per la tutela dei diritti umani, sociali e civili; e che dovrebbe sempre schierarsi dalla parte della non discriminazione. Quando qualcuno nella famiglia umana soffre, non dovrebbe la Chiesa farsi carico di quella sofferenza? Agire in conformità alle parole e agli insegnamenti di Gesù che Parlano di amore, di accoglienza, che scardinano lo “status quo” di volta in volta per affermare che Dio è Padre di tutti?. Sì, la Chiesa cattolica dovrebbe essere in prima linea ed essere sempre attenta e impegnarsi nel cambiamento di tutto ciò che allontana le persone dalla comunione con Dio e dalla comunità.
Questo però, purtroppo non sta avvenendo e ancora una volta la chiesa di Roma non si mette in ascolto del grido del popolo, delle attese e delle istanze che oggi i cristiani presentano.
Per tali motivi ci sembrava opportuno scrivere questa nota pastorale rivolta a tutti i membri, laici e clero della nostra diocesi in Italia.
Cosa è in sostanza il DDL Cirinnà? Su cosa legifera? Cosa prevede?
Il DDL Cirinnà nel Titolo I costituisce le cosiddette “unioni civili” che sono rivolte esclusivamente alle coppie same-sex e ne sanciscono il riconoscimento giuridico come “specifica formazione sociale” seppur omogenea quasi in tutto al matrimonio civile.
Le unioni civili, all’atto pratico, saranno celebrate di fronte ad un ufficiale di stato civile alla presenza di due testimoni (come succede per i matrimoni civili, per intendersi fuori dai tecnicismi). Le Unioni Civili avranno tutte le tutele sociali, previdenziali e patrimoniali di cui finora hanno usufruito le coppie coniugate, per dirne qualcuna: reversibilità della pensione, diritto all’assistenza penitenziaria e sanitaria, diritti di successione e così via. Oltre ai diritti matrimoniali si applicheranno anche i DOVERI quali Obbligo reciproco di fedeltà, Mantenimento educazione e assistitenza dei figli, etc.
Che differenza c’è fra il matrimonio e le unioni civili?
Attualmente le differenze sono sostanzialmente tre:
– la differenza politica e linguistica intrinseca nella creazione delle unioni civili che hanno (ovviamente) sia un nome che una definizione diversi dal cosiddetto “matrimonio”
– il riferimento costituzionale che per le unioni civili pone le sue fondamenta negli articoli 2 e 3 della Costituzione che potete leggere qui http://www.governo.it/Governo/Costituzione/principi.html . L’articolo 29 resterà esclusivamente rivolto all’istituto del matrimonio eterosessuale.
Questa distinzione (che è stata rimarcata proprio in questi giorni dall’emendamento approvato all’Articolo 1 del DDL) ha l’obiettivo di portare avanti la mediazione politica con la parte cattolica moderata e dialogante del Parlamento, sia dentro che fuori dal PD. A scanso di equivoci vorrei anche rimarcare che il più-che-cattolicissimo Nuovo Centro Destra non ha invece concesso alcuno spazio alla mediazione, dichiarando che si asterrà dal votare per le Unioni Civili mentre in Commissione il suo senatore Giovanardi sta tuttora portando avanti il suo testardo ostruzionismo contro il DDL.
– l’ultima differenza tra matrimonio e unioni civili sta nel divieto di accesso alle coppie omosessuali alle adozioni ESTERNE ed alla procreazione assistita così come da legge 40/2004 (parliamo della legge che è stata modificato dalla Corte Costituzionale quest’anno per permettere l’accesso alla fecondazione eterologa per le coppie eterosessuali). Il DDL Cirinnà non modifica in alcun modo la Legge 40 ed è ovvio quindi che chi parla di legalizzazione dell’ “utero in affitto” (che sarebbe più corretto definire Surrogacy o GPA ovvero Gestazione per Altri) ne parla in malafede o nell’ignoranza del DDL.
Ribadiamo, anche per chi ha deciso di non capire: in Italia esiste il divieto di gestazione per altri e il DDL Cirinnà non modifica nè questo divieto nè il divieto di ricorrere alla fecondazione assistita per le coppie lesbiche.
L’argomento che viene usato e abusato per impedire all’opinione pubblica di avere piena coscienza è quello dei bambini, dei figli. Questo in definitiva viene affrontato in quella che viene definita “stepchild adoption”. La stepchild adoption è uno dei punti cardine della legge ed è anche quello più travisato (più o meno in malafede), cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. La stepchild adoption è l’adozione del figlio da parte del parter che non è il genitore biologico. E’ un’adozione speciale che tutela il figlio riconoscendo la genitorialità e tutti i doveri e diritti connessi ma che non estende la parentela agli affini (ovvero i nonni o gli zii da parte del partner non biologico non diventano legalmente parenti del bambino adottato con la stepchild). L’adozione di un bambino concessa all’estero a quanto ci risulta sarà sottoposta allo stesso regime della stepchild adoption così come indicato nell’articolo 5 del DDL Cirinnà che allarga alle coppie gay la legge 4 maggio 1983 n. 184 articolo 44 lettera b
A tutt’oggi l’adozione per le coppie gay e la fecondazione assistita, come ho già detto, restano vietate. La Stepchild Adoption infatti nasce e si applica proprio per tutelare i figli delle coppie Arcobaleno che esistono e sono tanti e non possono più essere ignorati e discriminati rispetto agli altri bambini. Quindi tenta proprio di tutelare, difendere proprio i bambini, i figli.
Ma noi non siamo politici e non vogliamo affrontare la questione dal punto di vista politico, ma religioso, teologico e addirittura spingendoci oltre e cioè affermando che bisogna difendere il diritto all’amore, all’essere famiglia, al matrimonio. Un diritto di cui tutti dovrebbero beneficiare.
L’omosessualità è stata perseguitata o oppressa da lunghi secoli. In realtà si tratta di un orientamento sessuale legittimo e degno quanto l’eterosessualità.
Coloro che si oppongono al matrimonio gay per motivi biblici di solito indicano diversi passi, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, che condannano l’atto di un uomo “che ha rapporti con un uomo come con una donna” (Lev 18:22 e 20:13) e le donne che scambiano un “rapporto sessuale naturale con uno innaturale” (Rm 1,26). Questi passi, però vanno letti, tradotti e interpretati alla luce del contesto socio/culturale, alla luce degli studi linguistici e filologici per tanto, dopo attenti studi da parte di numerosi esegeti e biblisti, possiamo affermare che nella Sacra Scrittura non vi è nulla che si possa riferire all’omosessualità che conosciamo oggi.
Comprendere la Scrittura nel suo contesto non è un compito facile, ed è pieno di potenziali abusi. Tutti i lettori della Scrittura sono soggetti alla tentazione di interpretare le Scritture in un modo che soddisfi i nostri desideri e pregiudizi egoistici, piuttosto che ascoltare la verità del passo che può contestare, condannare, e mettere in discussione tali desideri e pregiudizi. È per questo che la Scrittura deve essere sempre studiata e compresa alla luce della ricerca.
Dobbiamo usare la nostra ragione ed esperienza nell’interpretare questi passi della Scrittura. La nostra conoscenza della scienza, la psicologia, e la comprensione scientifica moderna devono informare il nostro approccio a tali passi.
Questi argomenti che sono quelli comunemente usati per affermare che l’omosessualità non fa parte del piano di Dio sono dunque faziosi e abusati. Per tanto se non troviamo alcuna condanna, ma piuttosto un richiamo continuo e forte all’amore non possiamo non benedire questo amore.
La questione che intendiamo affrontare è in riferimento alla possibilità di una coppia di persone dello stesso sesso di poter accedere all’istituto matrimoniale. Bisogna partire dalla definizione di matrimonio, da ciò che ne deve dettare le basi e ne definisce le caratteristiche.
Tra due battezzati il matrimonio, come istituzione voluta da Dio creatore, non può venir separato dal matrimonio-sacramento, perché la sacramentalità del coniugio tra battezzati non costituisce per esso un elemento accidentale, sì che possa esserci o non esserci, ma è così legata all’essenza di esso da non poter esserne separata. Per la Chiesa, infatti, tra due battezzati non esiste un matrimonio naturale separato dal sacramento, ma solo il matrimonio naturale elevato a dignità di sacramento.
Molti affermano che bisogna difendere la tanto decantata “famiglia tradizionale”, sarebbe interessante capire quale essa sia o a quale tradizione si riferisca. Di certo non alla tradizione biblica dove è possibile trovare un molteplicità di forme familiari. La poligamia introdotta da Lamech, il violento discendente di Caino (gn 4, 19), il concubinato, l’adulterio, il divorzio, la prostituzione e tutte le aberrazioni sessuali sono il segno di una degradazione quasi ineluttabile a cui il peccato trascina quello che all’inizio era stato creato e benedetto da Dio.
Può stupire il fatto che nell’A. T. vengano accettati la poligamia e il divorzio. Si può solo dire che su questo punto, come del resto in altri, Dio abbia usato un paziente metodo educativo per un popolo che aveva ancora un cuore troppo duro, come dirà Gesù, per comprendere e vivere tutte le esigenze di una legge morale che in modo particolare in questa materia si trova a fare i conti con una estrema difficoltà e fragilità umana. Cioè in nulla è presente quello che invece dovrebbe essere l’elemento fondamentale: l’amore.
Un altro dato dell’A. T. è comunemente presentato da chi tratta il problema del matrimonio: a partire da Osea i profeti si servono dell’esperienza matrimoniale, anche con le sue infedeltà per parlare dell’amore che Jahveh, lo Sposo, ha per la sua sposa, il popolo d’Israele. E’ difficile dedurre rigorosamente da questi testi elementi che riguardano direttamente il sacramento del matrimonio; certamente però essi portano a una considerazione più pura e più alta dell’amore coniugale e ne fanno un segno profetico dell’Amore salvifico di Dio, che è ferito nella sua gelosia dall’infedeltà della sposa, ma nella sua misericordia la farà tornare a sè. Ecco allora l’elemento amore che non è legato alla sessualità, ma alla fedeltà, alla mutua donazione di sè e alla reciproca solidarietà.
Il N. T. contiene molti preziosi insegnamenti sulla vita matrimoniale: segno evidente che la nuova vita in Cristo si riflette con tutta la sua potenza di grazia su questa istituzione così fondamentale.
Ciò detto allora si aprono orizzonti nuovi. Il matrimonio non è dunque l’istituto di unione tra uomo e donna aperto alla procreazione, ma il luogo e il tempo dell’amore che si apre alla vita. Altrimenti un matrimonio dove si vive il dramma dell’impossibilità a procreare non sarebbe più matrimonio. L’apertura alla vita non implica la sessualità.
Oggi come ieri dunque, il modello di famiglia diventa variopinto e meraviglioso. Un ventaglio di esperienze di amore e mutua assistenza.
Vi sono famiglie fondate al di fuori del matrimonio e il 40% dei bambini nascono al di fuori del matrimonio. Rifiutare questo contratto agli omosessuali significherebbe aggiungere un’ennesima discriminazione a quelle di cui sono stati troppo spesso oggetto. Chi si fa fautore di tale rifiuto lo giustifica celando la propria grettezza dietro agli interessi del minore, dei bambini o della teoria che un bambino per crescere equilibrato abbia bisogno di una mamma e di un papà, per cui tutti i bambini cresciuti da un papà solo o da una mamma sola sono turbati. È vero che i bambini hanno bisogno di figure di riferimento e soprattutto che le figure di riferimento tra di loro si amino e assicurino un ambiente sano e sereno, ma è anche vero che non è dimostrato che queste figure debbano essere una maschile e una femminile, anzi molti studi e dati di fatto dimostrano proprio l’infondatezza di questi argomenti.
Ecco perché noi consideriamo giusto che sia aperta a coloro – uomini e donne – che desiderano essere aperti alla vita accogliendola attraverso l’adozione, la possibilità di vivere una generosa genitorialità.
Riteniamo che il progetto di legge attuale costituisca un progresso reale per quanto riguarda la stepchild adoption che consente al compagno/a di poter assicurare famiglia ai figli in caso di morte del genitore biologico, ma soprattutto di avere la dignità di genitore, dignità che di fatto si è acquisita per il semplice fatto che si è accolto nella propria vita come proprio un figlio concepito da altri e lo si ama incondizionatamente.
A tal proposito abbiamo già scritto una riflessione sulla famiglia che tutti per antonomasia prendiamo come modello: la santa famiglia di Nazareth e che riporto di seguito:
“… vorrei aprire insieme a voi una finestrella sulla casa di Nazareth, vorrei osservarne l’intimità e la quotidianità per farne poi, una riflessione per la nostra crescita. Volgere lo sguardo a quella che definiamo la Sacra Famiglia, nella loro intimità quotidiana, è come dare uno sguardo al Paradiso: significa ammirare la Grazia farsi opera viva nella vita comune degli uomini.
Spesso quando nell’opinione comune si pensa alla Sacra Famiglia, si pensa a loro come a quelle immagini del presepe o dell’iconografia classica, in cui si vedono tre persone statiche, degli “eletti” senza problemi e sempre sotto lo sguardo di Dio che come un regista, prepara le scenografie. Certamente il Signore era con loro, ma non ha in alcun modo interferito con la loro libertà e non li ha esentati da ciò che caratterizza la vita di ogni comune mortale: fatica, paura, sudore ed angoscia.
Se fosse questa la Sacra Famiglia, essa di certo non potrebbe mai essere ritenuta modello delle nostre famiglie oggi. E certamente essa non è modello secondo i canoni convenzionali a cui ci hanno abituato.
Quella che molti indicano come tradizionale, per mortificare le famiglie del nostro tempo, in effetti di tradizionale non aveva nulla ed è proprio per questo che noi la assumiamo a modello.
Giuseppe era uomo giusto, cioè pio e strenuo osservante la legge. Egli però, nella lotta tra l’essere giusto osservando pedissequamente le leggi umane o amare Maria nonostante quel concepimento incomprensibile, sceglie la via dell’amore. Allora ciò che rende grande Giuseppe non è il suo essere convenzionale, ma proprio il contrario: il suo coraggio di mettersi fuori, di scomunicarsi per amore.
Uomo semplice, buono, che accetta di sposare una giovane ragazza che portava in grembo un figlio non suo. Abbiamo mai Pensato ai dubbi ed alle sofferenze di Giuseppe in quel momento, quando rivede Maria che ritorna dal viaggio dalla cugina Elisabetta e si rende conto che in lei cresce una vita? E che con questa vita egli non aveva alcuna relazione? Giuseppe era combattuto, come lo saremmo tutti noi. Non si sentiva in grado di portare questo fardello. Sarebbe riuscito ad amare, come proprio figlio, un figlio altrui? Il figlio di Dio? Sarebbe stato degno di essere il Padre del Figlio di Dio? Nonostante i suoi mille dubbi, non riesce ad abbandonare Maria alla sua sorte perchè se fosse considerata adultera, le conseguenze sarebbero state drammatiche. Decide ugualmente di sposarla, di amarla incondizionatamente e soprattutto di amare anche il nascituro che avrebbe accolto tra le sue braccia come figlio. Giuseppe adotta Gesù. La vita di Giuseppe non fu certamente facile. Egli addirittura esperisce la paura e la minaccia e da un momento all’altro, deve fuggire e recarsi con la sua famiglia in un paese straniero per salvare la vita del Figlio. Ci siamo mai interrogati sulla quotidianità di questo uomo? Giuseppe che tenta di guadagnare qualcosa facendo il falegname, quante fatiche ogni giorno e poi la sera torna a casa stanco morto, ma adesso egli è padre. Non vi sembra di sentire voi stessi raccontare la vostra quotidianità? Fatta di rinunce, di stanchezza, di sacrifici? Giuseppe è stato la Fede in persona per tutta la vita. Ha creduto sempre a tutto, in silenzio e senza neanche vedere la potenza di questo suo Figlio putativo che ha difeso a costo di tutta una vita di sacrifici. Giuseppe c’insegna che cosa significa essere un padre di famiglia. C’insegna che cosa significa sacrificarsi per essa, sacrificarsi per amore.
Ma Giuseppe non è solo, con sè c’è un’umile ragazza che ha dovuto trovare la forza di affrontare tutto il suo cammino. Dalla decisione di dire “sì” all’angelo annunciatore a quando ai piedi della croce vedeva morire suo Figlio tra tormenti indicibili. Una giovanissima donna che con coraggio affronta la vita e i rischi che dalla sua decisione avrebbero potuto investirla. Si fida di Dio, del suo disegno di amore e lo accoglie, lo accetta al punto da renderlo persona. Chissà quanti pensieri in quegli anni, quante domande e dubbi sul futuro mentre allattava Gesù, lo cambiava e lo educava. Lei mamma speciale, mamma come tutte. Maria c’insegna cosa sia il silenzio, cosa sia la preghiera ed il sacrificio umile ma dignitoso dei poveri e dei semplici.
In fine volgiamo lo sguardo al piccolo Gesù. A questo Dio che manifesta la sua grandezza e il suo smisurato a ore per l’uomo, da volerne condividere la vita più genuina, la sua grandezza è stata nascere in una stalla maleodorante, vivere la quotidianità, viaggiare per i deserti e le montagne della vita e della storia dell’umanità, vivere dell’amore della mamma e del padre. Dio ha voluto vedere il mondo con gli occhi di un bambino facendosi fanciullo.Si è fatto piccolo ed indifeso per sollevare gli ultimi, si è fatto misero per apprezzare e valorizzare la povertà, si è fatto mite per aiutare i deboli.
Questa è la famiglia a cui guardiamo come modello… Una famiglia che ha abbandonato il convenzionale fatto di certezze vuote e vane, per vivere di verità, la verità dell’amore. Allora ciò che la rende speciale non è il loro matrimonio o l’avere avuto un bambino e che questo bambino sia stato cresciuto ed educato da una mamma e un papà, ma che questo papà lo sia diventato per scelta di amore e non biologica, che questo uomo abbia amato un figlio non suo, che questa donna abbia avuto coraggio e nella semplicità abbia accolto Dio e che Dio abbia scelto proprio di sconvolgere le convenzioni sociali per insegnarci che non è la legge o la tradizione che ci rendono migliori o famiglia, ma la nostra capacità di andare oltre per amore”.
Molti oggi gridano allo scandalo invece per la maternità surrogata ( utero in affitto) definendolo inaccettabile, vergognoso e generatore di un nuovo schiavismo, addirittura si chiede che sia considerato reato passibile di pene esemplari. Questo espediente tanto attaccato come immorale invece nella Sacra Scrittura era all’ordine del giorno e normalissimo.
Genesi 16, 1-15; 17,15-19; 2,1-4
“Ora Sarai, moglie di Abramo, non gli aveva dato figli. Essa aveva una serva egiziana di nome Agar. Sarai disse ad Abramo: “Ecco, il Signore mi ha negato di avere figli. Accostati dunque alla mia serva, forse potrò avere un figlio da parte sua”. E A Sarai, moglie di Abramo, prese la sua serva, Agar l’egiziana, e la diede in moglie ad Abramo suo marito.
Egli si accostò ad Agar e rimase incinta. Ma quando s’accorse d’essere incinta, la sua padrona non contò più nulla ai suoi occhi. Allora Sarai disse ad Abramo: “L’offesa fatta a me ricada su di te! Io ti ho messo fra le braccia la mia serva. Ma da quando s’è accorta di essere incinta, io non conto più nulla ai suoi occhi. Il Signore sia giudice fra me e te”. Abramo rispose a Sarai: “Ecco, la tua serva è nelle tue mani: fa’ di lei quello che vuoi”. Ma quando Sarai prese a trattarla duramente, quella se ne fuggì da lei.
L’angelo del Signore la trovò presso una sorgente d’acqua nel deserto, presso la sorgente che è sulla via di Sur, e le disse: “Agar, serva di Sarai, da dove vieni, e dove vai?”. Essa rispose: “Fuggo dalla presenza di Sarai, la mia padrona”. L’angelo del Signore le disse: “Torna dalla tua padrona e sottomettiti alla sua mano”. La disse ancora l’angelo del Signore: “Io moltiplicherò grandemente la tua discendenza, tanto che non la si potrà contare per il suo grande numero”. Poi, l’angelo del Signore soggiunse ancora: “Ecco, tu sei incinta e partorirai un figlio che chiamerai Ismaele, poiché il Signore ti ha udita nella tua afflizione. Egli sarà fra gli uomini come un asino selvatico: la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui, e darà filo da torcere ai suoi fratelli”. Allora Agar chiamò il Signore che le aveva parlato con questo nome: “Tu sei un Dio che guardi”. Diceva infatti: “Io, proprio qui, ho guardato andare via colui che mi ha guardato!”. Per questo, quel pozzo fu chiamato “Il pozzo del vivente che mi vede”; esso è fra Cades e Bered.
Poi Agar partorì ad Abramo un figlio, e Abramo chiamò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito. Abramo aveva ottantasei anni, quando Agar gli partorì Ismaele”.
La nostra epoca tecnologica ha inventato tanti diversi modi di procreazione artificiale, ma anche gli antichi avevano i loro modi di arrangiarsi. Così c’era l’usanza secondo cui, se la moglie di un uomo ricco era sterile, poteva dare al marito la sua schiava personale e, se da lei nasceva un figlio, era considerato a tutti gli effetti figlio della padrona, che, al posto del suo corpo, s’era servita di quello della schiava (una sorta di primitivo “utero in affitto”) per dare al proprio uomo quella discendenza che non gli poteva dare direttamente.
Ovviamente oggi fortunatamente questa pratica non fa uso di alcuna schiavitù, ma solo di scelte libere operate da persone adulte, libere e consenzienti. Fatta tale precisazione lasciamo la piena libertà di decisione e di scelta.
Chiediamo però a tutti di aprire gli occhi su una realtà che è la solitudine di milioni di persone, in situazioni di indigenza materiale, affettiva e psicologica talvolta terribile. Piuttosto che interrogarsi astrattamente sui supposti disordini antropologici di un’apertura del matrimonio ad una parte necessariamente ridotta della popolazione, non sarebbe meglio rivolgere tutti i nostri sforzi al disordine antropologico, ben reale questa volta, di una società le cui forme di consumo, di produzione e di ripartizione sono così poco rispettose della persona umana e della sua dignità? È mai possibile che accordare diritti inalienabili possa essere considerato come una minaccia?
L’umanità cresce quando i cittadini rifiutano di sacralizzare i legami di sangue e danno la precedenza ai legami di affettività che li uniscono. Così ciò che li unisce, anche all’interno della famiglia, deriva dall’accoglienza, dall’accettazione, dall’amore e dall’adozione. Cristo sulla croce diceva a Giovanni: “Giovanni, ecco tua madre” e a sua madre “Donna, ecco tuo figlio”.
Non è la paternità biologica, non sono i legami di sangue che ci rendono fratelli e sorelle, padre e madri. Il nostro DNA unico e comune è un amore che sposta più lontano le frontiere dei nostri pregiudizi e delle nostre paure.
Questa nota non ha l’ardire o il fine di esaurire il dibattito politico o teologico, ma semplicemente tenta di chiarire quale è la nostra posizione in merito a questi argomenti con la speranza che possa servire anche come strumento di riflessione.
Dato per la pubblicazione in Licata, 21 gennaio 2016
Memoria di santa Agnese vergine e martire
Nel III anniversario della nostra consacrazione episcopale
+ Agostino