
Amati e venerati presbiteri, presbitere e diacono; diletti figli seminaristi; carissime e carissimi fratelli e sorelle, pace e bene a tutti. Anche quest’anno con trepidante spirito stiamo per cominciare l’Avvento, stiamo per cantare “marana-thà, vieni, Signore Gesù”. Abbiamo vissuto e, purtroppo, stiamo ancora vivendo, la terribile esperienza della pandemia che ci ha già strappato in questo anno gli affetti più cari, il calore di un abbraccio, il godere dei sorrisi, la Quaresima e la Pasqua. Abbiamo vissuto questi tempi forti di grazia lontani dalle comunità e dalle persone a cui vogliamo bene, ma certamente, non lontani da Dio che sempre è stato al nostro fianco, che ci ha dato consolazione, forza e determinazione, che ha patito con noi perché Egli è l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Abbiamo sentito la solitudine di un cammino che siamo abituati a vivere insieme e che invece ci ha visti isolati in quel deserto dove però sappiamo che il Signore parla al nostro cuore (Os. 2,16-17). Abbiamo fatto la dura esperienza di quanto l’uomo, che sino ad ora ha avuto manie di onnipotenza, sia invece fragile e impotente dinanzi ad un nemico così subdolo. Abbiamo vissuto la separazione dalle persone che amiamo e in alcuni casi la loro perdita senza neanche il conforto di un funerale. Ma in tutto questo figli miei, non dobbiamo smarrirci, non dobbiamo perdere la meta e l’obiettivo della nostra vita e soprattutto non possiamo dimenticare che i cristiani siamo il popolo della speranza certa, noi siamo coloro che fanno quotidiana esperienza dell’amore di Dio che in Cristo Gesù ha la sua pienezza, la sua realizzazione, il suo Amen. Noi siamo il popolo della gioia, il popolo dei salvati, di coloro che sanno che il deserto non è il luogo della fame, della morte e della tentazione, ma il luogo del fidanzamento (Os.2, 21-22), il luogo dal quale si torna per essere nel mondo sale e luce (Mt. 5, 13-16). Stiamo concludendo un cammino, che a tratti è stato difficile e doloroso, ma questo non deve annichilirci, non può e non deve farci sentire il peso della stanchezza. Abbiamo salito la scaletta e ora siamo sul trampolino; ecco, adesso, non ci resta che saltare, che fare il tuffo, entusiasti e pronti a vivere un nuovo Avvento, tempo di speranza rinnovata, di gioiosa attesa e di trepidazione. L’Avvento è il tempo propizio della rinascita, del rinnovamento; il momento in cui la notte buia che ci spaventa, le tenebre e la nebbia dell’incertezza, fuggono, si diradano per fare entrare la luce: viene Cristo Signore e la gloria del tuo volto splende su un mondo nuovo, un mondo che ha fatto l’esperienza del male, l’esperienza della fragilità, l’esperienza dell’aver bisogno dell’altro: Viene a noi il Salvatore dei poveri. Sorge ancora una volta il sole di giustizia che trasfigura ed accende l’universo in attesa (cfr. Inno alle Lodi mattutine del Mercoledì della II Settimana del Salterio). Questo è il momento ideale e favorevole per fissare lo sguardo verso l’alto per guardare aldilà e aprire il cuore per accogliere Gesù, il momento in cui la rassegnazione deve lasciare spazio alla speranza, le paure devono lasciare spazio alla trepidazione, è il momento in cui dobbiamo imparare a dare colore all’abitudinario e alla routine e ad uscire dall’egoismo delle nostre paure per alimentare speranze, alimentando sogni per un futuro nuovo, non solo dal punto di vista sanitario, un mondo che torna timidamente alla normalità, ma soprattutto un mondo in cui l’ombra della notte si dilegua e un’alba nuova sorge all’orizzonte (cfr. Inno alle Lodi mattutine del Martedì della III Settimana del Salterio). L’Avvento ci invita ad una consapevolezza: Dio è qui, Egli è sempre con noi, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli: il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (Gc. 1,14) e continua ad incarnarsi e a stare con noi, in noi “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28, 20). Anche se non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci in molteplici modi e ci invita all’attesa, alla conversione e alla speranza, perché l’avvento è il tempo dell’attesa, della conversione e della speranza.• Un’attesa celebrata a partire dal ricordo che “al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana, portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell’eterna salvezza”, che poi spalanca i nostri cuori all’orizzonte futuro: “verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa” (I Prefazio di Avvento).• Una conversione vera, reale, radicale, frutto del pressante invito dei Profeti che ci accompagneranno in questi giorni nella liturgia e nella santificazione del tempo e soprattutto di Giovanni Battista il quale ci dice con forza e in modo perentorio: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Matteo 3, 2).• Una speranza certa, già realizzata, gioiosa poichè la salvezza già operata ci viene donata e le realtà di grazia già presenti nel mondo giungano alla loro maturazione e pienezza, per cui la promessa si tramuterà in possesso, in realtà, la fede in visione, e “noi saremo simili a lui e lo vedremo così come Egli è” (1 Giovanni 3, 2). Infine, Nei ritmi dell’Anno liturgico, celebriamo l’Avvento nella sua realtà più intima e bella, come il tempo mariano per eccellenza. Lo ricorda chiaramente Paolo VI nel paragrafo 4 della Marialis Cultus: “In tal modo i fedeli, che vivono con la Liturgia lo spirito dell’Avvento, considerando l’ineffabile amore con cui la Vergine Madre attese il Figlio, sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi per andare incontro al Salvatore che viene, vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode”. Colei che ha reso possibile l’incarnazione del Figlio di Dio, “la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni” (Romani 16,25) grazie al suo “sì” umile e coraggioso è l’anima stessa del nostro cammino, l’icona dell’attesa fiduciosa e vigilante, della disponibilità attenta e concreta al mistero di Dio. Per tanto miei amati, nell’augurare a tutti un buon cammino di Avvento, tenuti per mano dalla nostra cara e tenera madre Maria, che portandoci verso la semplicità di una grotta, ci fa scoprire la bellezza delle cose umili e piccole; che guidandoci verso la riscoperta della gioia dell’essere amati follemente da Dio, ci immerge nella contemplazione del Verbo eterno del Padre che viene a prendere dimora presso di noi e che ci illumina attraverso il volto di un bambino; vi invito con gioia pura ed umile, fra i canti e le preghiere, ad accogliere il Signore.
+ Agostino