
“La Chiesa ad immagine del suo Cristo tocchi con mano il lebbroso”
Mie amate e amati figli, pace e bene;
in questi giorni ho chiesto più volte al Signore di parlare al mio cuore affinchè le parole che intendevo scrivervi fossero non solo inchiostro su carta, ma soprattutto, frutto di un’esperienza di vita vissuta da condividere e da proporre come motivo di meditazione e riflessione per accompagnare il nostro cammino in questo tempo di grazia che ancora una volta la provvidenza ci concede di vivere.
Nel messaggio in occasione della Quaresima dello scorso anno vi invitavo a rivolgere lo sguardo al Cristo Crocifisso dal quale avremmo dovuto imparare ogni cosa e mai avrei potuto immaginare quello che sarebbe successo al mondo intero da lì a pochi gironi. All’apice del cammino quaresimale, il mondo è stato stravolto dalla terribile pandemia, della quale, purtroppo, ancora oggi, non ci siamo liberati e che, inesorabile, condiziona la vita di ognuno di noi.
Il cammino che sarebbe dovuto essere non solo personale, ma soprattutto da vivere con la comunità, si è immediatamente trasformato in un cammino ascetico in totale solitudine e isolamento che ci ha permesso di tenere veramente lo sguardo fisso a Cristo inchiodato sulla croce, ma soprattutto ci ha fatto vedere quello che mai i nostri occhi avrebbero voluto: il Cristo confitto ad una croce attraverso le immagi devastanti dei carri militari carichi dei nostri cari, dei letti degli ospedali, e soprattutto attraverso gli occhi spaventati degli ammalati e degli operatori sanitari avviliti e annichiliti dalla sofferenza.
In un attimo il mondo rumoroso e caotico è diventato silenzioso e, inermi, abbiamo contemplato senza parole.
Abbiamo fatto la crudele, ma fondamentale esperienza di quanto sia fragile l’uomo, di quanto fallace sia il pensiero della sua onnipotenza e tutto questo ci ha messo dinanzi a noi stessi.
Tutto questo avrebbe potuto farci cadere in un precipizio di disperazione, ma invece, ci ha dato una chance per risorgere a vita nuova, una opportunità per sentire la voce di Dio che dice “coraggio, rialzati, non temere, io sono con te”
Domenica scorsa abbiamo proclamato una pagina molto interessante dal Vangelo di Marco e credo che questo episodio possa darci la chiave di lettura per una Quaresima nella quale vogliamo vivere intensamente le dimensioni della consapevolezza, della guarigione e dell’essere noi stessi capaci di sanare e purificare:
“Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. (Mc. 1, 40-42).
Secondo la Legge e l’opinione di tutti al tempo di Gesù, (ma purtroppo ancora oggi, questa bestemmia non è ancora del tutto eradicata dal pensiero di molti), Dio è la causa delle malattie e punisce con la terribile lebbra l’uomo peccatore e inoltre sempre secondo la legge, Gesù avrebbe dovuto evitare qualsiasi contatto con il lebbroso e invece, non solo contravviene a questa legge, ma addirittura si mostra indignato nei confronti di questa falsa credenza secondo cui la malattia fosse una punizione di Dio.
Gesù si rifiuta di osservare questa norma religiosa e si pone accanto all’uomo, per ridargli salute e dignità. Il suo comportamento che avrebbe fatto storcere il naso ai perbenisti, a coloro che si nascondono dietro una sterile osservanza delle tradizioni religiose per non prendere posizione, per non esporsi, alla fine esprime la vera immagine di Dio amante dell’uomo, di ogni uomo.
Cristo non ci ha pensato due volte, ha toccato con mano l’impuro, si è contaminato senza paura del giudizio degli altri. Anche stavolta Egli non si sottrae dinanzi all’uomo discriminato e scacciato e si fa suo compagno, suo amico, lo tocca e soprattutto “ha compassione”.
Gesù ci viene presentato in fila con i peccatori al fiume Giordano per farsi battezzare, nella sinagoga di Cafarnao nell’atto di liberare un uomo posseduto da uno spirito immondo, nella casa di Simon Pietro a prendere per mano e sollevare la suocera e guarirla, davanti alla porta della città pronto a curare gli ammalati che gli vengono presentati e, basta sfogliare tutti e quattro i Vangeli per continuare questo elenco. Gesù è sempre accanto all’uomo, schierato dalla parte dei più deboli: dei piccoli, dei poveri, degli emarginati, degli esclusi, di coloro che sono vittime delle convenzioni religiose e sociali.
Come Gesù anche noi cristiani siamo chiamati ad aver coraggio, a prendere posizioni, a sfidare il perbenismo becero e, per il bene dell’umanità sofferente, come Gesù dobbiamo essere disposi a sporcarci, a contaminarci.
In questa Quaresima dobbiamo metterci prima nei panni del lebbroso, dobbiamo avere il coraggio di guardare alle pustule della nostra coscienza ammalata, sporca, contaminata. Dobbiamo avere il coraggio dell’onestà dinanzi a noi stessi e soprattutto dinanzi al Signore di riconoscere che anche noi siamo impuri, che abbiamo bisogno di Lui per essere sanati dalle nostre ferite, di essere toccati per essere purificati. Anche noi, come il lebbroso dobbiamo essere consapevoli di non meritare nulla, di non dover pretendere nulla, ma anche e soprattutto che non è volontà di Dio che l’uomo soffra.
Gesù porta il lieto annuncio di un Dio che ci ha creati per essere felici, per essere beati e pienamente realizzati nella nostra vita. Se non siamo felici è perché non ci sentiamo amati abbastanza, perché ancora non abbiamo compreso il grande, folle amore di Dio per ognuno di noi, perché ancora alberga nel nostro cuore la falsa idea di un Dio che punisce togliendo il posto al Dio che invece ama.
Gesù non sopporta di vedere ridotto il lebbroso in quello stato di paura, di angoscia, di abbandono, di discriminazione, prova compassione, lo ama profondamente e teneramente, non ha paura di contaminarsi, abbatte ogni frontiera, trasgredisce le regole, lo tocca e la lebbra scompare. La guarigione poteva avvenire anche solo attraverso una parola, un “sii guarito”, ma egli preferisce il contatto, per una più piena riabilitazione dell’uomo.
Gesù ci insegna e dimostra che l’uomo è più importante di ogni cosa, di ogni regola e legge. Ed è l’amore per l’uomo che guarisce il lebbroso. Solo se anche noi abbiamo fatto l’esperienza della lebbra, dell’essere noi stessi come il lebbroso, se anche noi facciamo l’esperienza del perdono e dell’amore allora potremo fare il passo successivo in questo cammino quaresimale ed essere come Cristo, donne e uomini capaci di viscere di misericordia, capaci di compassione vera, capaci di amare e soprattutto capaci di contaminarci senza paure e remore.
Non possiamo avere la presunzione di essere cristiani veri se non siamo capaci di manifestare segni di amore. Non possiamo pensare di portare il vangelo agli uomini, se ci atteniamo unicamente a norme, dietro le quali spesso ci nascondiamo per non essere onesti, dietro le quali ci nascondiamo per non fare niente, per scaricare le nostre coscienze, che finiscono per rivelare ambizioni, sete di potere e non certamente l’amore di Dio.
Gesù preferisce rischiare, di venire Egli stesso allontanato, emarginato, escluso, apparire come un peccatore, come un impuro, come un lebbroso, piuttosto che non amare anche il lebbroso, al quale tende una mano, offre una carezza, così come la aveva offerta alla suocera di Pietro, come la offre alla peccatrice, alla Samaritana, a Zaccheo, a me e a te.
Gesù ci rivela e annunzia un Dio che ama la vita e ci offre una possibilità nuova di poter essere nel mondo il segno tangibile di questo amore, di essere noi stessi, strumento di questo amore. Se siamo veri cristiani, se abbiamo fatto esperienza del perdono, dell’amore, della purificazione, del tocco taumaturgico di Cristo, allora dobbiamo sentire questo fuoco, abbiamo la responsabilità di questo annunzio, di questa testimonianza e di fare altrettanto senza paura di uscire fuori dagli schemi, senza timore, senza la preoccupazione di contaminarci e di essere considerati impuri, eretici, peccatori.
Il mondo oggi ha bisogno di te, della tua opera, della tua testimonianza, del tuo coraggio e delle carezze di cui sei capace perché ancora oggi nel mondo ci sono molti, troppi lebbrosi, troppi emarginati, esclusi; troppi figli di Dio, ancora oggi vengono tenuti fuori dalle mura della città, che non hanno voce, non contano niente, che non hanno diritti, che sono vittime di violenza, di discriminazione nel silenzio complice di tutti, gente a cui ancora oggi viene calpestata ogni dignità.
Se veramente vuoi vivere la Quaresima come un cammino con Cristo, se veramente non vuoi perdere questa meravigliosa chance che il Signore ti offre, allora coraggio, lasciati amare, lasciati sanare e poi mettiti in gioco immediatamente e diventa ciò che sei: operatore di pace, di amore, di gioia. Diventa strumento per portare a tutti la tenerezza del Padre… sii la carezza di Dio.
Buona Quaresima!
+ Agostino De Caro