Agostino De Caro – Vescovo

“La Chiesa: donne e uomini incammino”

     Eccellenza Rev.ma, Venerati presbiteri, presbitera e diaconessa, amati frati e monaco, seminaristi cari, fratelli e sorelle tutti, il Signore vi dia la pace;

     Il 29 settembre 2020, in piena pandemia si apriva, con la Solennità di San Michele Arcangelo, il Santo Sinodo diocesano. Questo evento che accompagna ancora oggi la vita ecclesiale detta le direttive pastorali con le quali intendiamo offrire il nostro servizio ai poveri del nostro tempo. Abbiamo vissuto tutta la preparazione con entusiasmo e con gioia e dall’inizio dei lavori ci accompagna fiducia e speranza. Oggi, sulla scia luminosa di quell’evento mirabile e fecondo, ci ritroviamo a inaugurare il secondo anno del Cammino Sinodale delle missioni e comunità che sono in Italia.

     Sin dall’inizio dei lavori, e ancora oggi, stiamo vivendo un tempo di grazia e lì dove si è data fiducia agli spazi sinodali, è emersa la capacità di lasciarsi stupire e guidare dal soffio dello Spirito mediante l’ascolto vicendevole e la disponibilità alla brezza leggera che rinfresca la Chiesa e rinnova per noi i prodigi della Pentecoste.

Tante le suggestioni e i fermenti di speranza emersi nelle assemblee sinodali e da allora nei vari incontri. Ci siamo messi in discussione e, nel confronto abbiamo cercato di ascoltare lo Spirito e ascoltarci tra di noi, provando a superare le remore, a volte le paure e le fragilità e soprattutto abbiamo voluto sognare con la fervida speranza che la Chiesa possa essere docile all’ascolto, pronta alla conversione perchè si radichi sempre più come orizzonte costitutivo del cammino ecclesiale.

     In questo contesto laborioso abbiamo voluto aggiungere anche la gioia per un traguardo giubilare che vede me, in prima persona, grato al Signore, poiché mi ha dato la grazia di servire con amore e nella gioia tutti voi, mio amato popolo santo, piccolo resto. Per questo nel giugno scorso e fino al prossimo vi ho invitato ad unirvi al mio “magnificat” per gli innumerevoli benefici e doni di grazia che il Signore, buono, misericordioso e provvido, ha riversato a me, indegno suo servo e attraverso me, a ciascuna e ciascuno di voi.

     In questo nuovo anno liturgico e pastorale, anno giubilare, proviamo a scendere in profondità nelle realtà che appartengono al nostro quotidiano, per rilanciare una modalità di essere Chiesa animata dal Vangelo. 

     Stiamo vivendo un cambiamento d’epoca che per certi versi ci preoccupa e a volte ci spaventa, in tutti gli ambiti della vita, la società, l’economia, il mondo e ovviamente la Chiesa; che richiede il coraggio di un cambio di rotta; di ricomprenderci dinanzi ai mutamenti in atto, di vivere in pienezza e senza paura il nostro munus profetico recuperando l’essenzialità dell’identità cristiana dinanzi alle sfide di oggi, nel desiderio che ogni donna e ogni uomo possano ritrovarsi insieme a condividere la gioia dell’essere amati e salvati.

      Questo tempo santo di Avvento possa vederci protagonisti di un annuncio profetico nel quale, anche noi, con il cuore spalancato, cantiamo “maranathà”. In questo spazio ferito della nostra umanità, tanto cara a Gesù, che ancora oggi interroga le coscienze, provocandoci a saper abitare un tempo difficile e sofferto attraverso cui ritrovare la strada della speranza, proviamo, riponendo la nostra totale fiducia in Dio ad essere testimoni gioiosi, a metterci in gioco senza remore e a metterci in cammino, con e come Maria incontro ad Elisabetta. Questo Avvento sia tempo e luogo di incontri, di una ritrovata intimità che, attraverso l’accoglienza e l’ascolto, si fa servizio.

     Ci attende, dunque, una sfida esaltante, un altro tassello da aggiungere al mosaico che andiamo costruendo attraverso l’incontro con tante sorelle e fratelli che abitano le nostre storie, le nostre quotidianità, le nostre esperienze o sono ai margini, sono delusi, allontanati, giudicati o discriminati e a cui noi dobbiamo guardare con occhi di amore e accoglienza.

     La preparazione trepidante e l’attesa del Natale ci spingano a fare dell’ascolto un quotidiano impegno, capace di penetrare gli inediti piani della Provvidenza. Siamo chiamati a curare innanzitutto le modalità dell’ascolto e dell’incontro con gli altri e a fare nostro lo stile con cui Dio si fa compagno di strada. Mentre noi cantiamo e gridiamo il nostro bisogno di Dio, il nostro fiducioso maranathà, vieni Signore; Egli stesso inizia un cammino verso di noi, entra nella nostra storia e nella nostra vita per ricolmarci del suo Spirito, della sua presenza. Questo è l’Avvento: il tempo del cammino dell’uomo e della donna e dello stesso Dio che si fa Emmanuele. Lasciamoci ridestare dunque a una creatività dello Spirito che, attraverso l’inedito di Dio, segna la storia degli uomini e la apre alla speranza che si concretizza e diventa “amen” in quella umile grotta di Betlemme.

A ciascuno di voi, la mia paterna benedizione e il mio augurio di buon cammino.

+ Agostino De Caro

                                                                                             Vescovo NOSF