+Agostino De Caro Vescovo NOSF

“Praticare la giustizia e la fedeltà, esercitare la pietà e la misericordia verso il prossimo”

Sorelle e fratelli in Cristo, il Signore vi dia pace;

“…la salvezza del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza. Dalla Pasqua del Signore sgorgano tutti i giorni santi e in ogni Domenica, Pasqua della settimana, la Chiesa in cammino verso il suo Signore rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte”.  

     Questo annuncio gioioso riecheggi oggi più che mai mentre iniziamo trepidanti il cammino che ci condurrà passo dopo passo verso la pienezza di questo grande mistero.

     Interroghiamoci sul trascorrere del tempo e di come il Signore, attraverso la sua opera santificatrice nella nostra vita, ci guida affinchè dal semplice evolversi di giorni, impariamo che esso è “kairos” e cioè luogo privilegiato nel quale possiamo incontrare Cristo, accogliere la grazia, santificarci.

     La Quaresima è certamente “kairos” propizio per vivere al meglio questa gioiosa chance che il Signore ci dona per riscoprire la grazia battesimale e il nostro essere cristiani nel mondo in cammino verso Cristo.

     Il nostro ritorno a Gesù deve essere facilitato da una bella esperienza di Quaresima, che non è semplicemente un tempo forte dell’anno liturgico, ma è soprattutto uno stato d’animo straordinario a cui Cristo stesso ci invita.

     È in questo stato d’animo che Cristo ci mostra che, nonostante le nostre debolezze, i nostri continui ritorni sul sentiero del peccato, Lui – il nostro Salvatore, non si scoraggerà mai e non si arrenderà mai. Perché vuole vedere in te, in me, in ciascuno di noi, anche un piccolo elemento di bene, che è riuscito a sopravvivere dentro di noi nonostante quei continui momenti di tempesta contemporanea, così difficili per la spiritualità, in cui ci possiamo trovare.

     La Quaresima è un periodo di rinnovamento per la nostra vita attraverso le tre antichissime pratiche che cavalcando sulle onde del tempo, giungono a noi, sempre nuove e valide: la preghiera, il digiuno, il buon combattimento spirituale.

     Chi vuole veramente convertirsi e credere al Vangelo non può che vivere di preghiera, vivere la preghiera. Essa non è mai ripetizione di parole, di formule o, peggio ancora, il passeartout per chiedere e ottenere grazie e favori, ma l’incontro con lo Spirito che ci mette in sintonia con Dio, con il suo piano di salvezza, con il suo progetto di amore.

     La preghiera non può avere un posto marginale nella vita del Cristiano, Gesù stesso viveva di preghiera incessante (Lc. 18,1). Tutta la sua vita è stata vissuta alla luce del compiere la volontà del Padre. Egli si è nutrito di preghiera per vivere in pienezza la “volontà di Colui che mi ha mandato a compiere la sua opera” (Gv.4,34).

     Vertice e culmine della preghiera è quello di immergerci nella volontà di Dio, di metterci in profonda e perfetta comunione con Lui così come lo stesso Gesù ci mostra (Gv. 10, 30).

     Per noi, è molto difficile vivere la preghiera in maniera così radicale, vivere in piena comunione col Padre, mantenere sempre lo sguardo fisso rivolto al Padre perché purtroppo siamo distratti, siamo fragili e poco forti; ci lasciamo sedurre dalle tentazioni, dalle vanità che il mondo ci propone distraendoci da ciò che importa veramente, con estrema facilità ci lasciamo affascinare e distrarre da cose effimere, dalla smania di successo, dall’apparire sempre e comunque, dall’avere.

   Queste cose, ci ammaliano così tanto che le amiamo fino all’idolatria, fino al rimanerne schiavi, fino al punto di svendere la nostra stessa anima, dal perdere il controllo di noi stessi e purtroppo, fino ad allontanarci da Dio. Sì, noi ci allontaniamo da Lui, ma Egli continua imperterrito ad amarci, a cercarci, a venirci incontro e questo lo fa anche attraverso i tempi di grazia come la Quaresima, tempo di liberazione che ci permette di fermarci, riflettere, di tornare sui nostri passi, tempo nel quale, aprendo il Vangelo, ci lasciamo leggere da esso, ci lasciamo trafiggere dalla Parola, per recuperare il vero senso della vita, riscoprirne i valori e soprattutto   possiamo ancora abbandonarci all’abbraccio di Dio.

     Il cammino non è di certo semplice, e in taluni momenti sembra ardua, impossibile, ma se teniamo lo sguardo fisso su Gesù, ogni “impossibile” diventa “ce la posso fare”. L’evangelista Marco ci racconta che, dopo il suo battesimo, Gesù fu sospinto dallo Spirito nel deserto, ove rimase per quaranta giorni tentato da satana (Mc.1,12-13).

     Il riferimento temporale dei quaranta giorni ci indica la totalità della sua vita: Gesù, per tutta la sua vita, ha affrontato le forze del male (tentazione) e le ha sconfitte. Egli uscirà dal “deserto” solo dopo aver avuto la meglio sull’ultima tentazione, la più drammatica, quella che spaventa a morte anche noi e che spesso è quella che ci vede sconfitti: il temere l’abbandono da parte del Padre (Mc. 15, 34).

    Egli ha vinto su questa terribile tentazione ed è rimasto fedele fino al “consummatum est” e per questo ci ha ottenuto la redenzione eterna. “Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, entrò una volta per sempre nel santuario, in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna (Eb.9, 11-12).

     Gesù ha sconfitto pienamente e definitivamente il male, ma egli non demorde e continua con noi la sua opera devastatrice, la sua lotta. Ciascuno di noi, ogni giorno, purtroppo, verifica quanto sia forte il suo potere, lo verifichiamo nella nostra stessa vita, lo vediamo in un mondo avvinto dalla violenza, dalle discriminazioni, dalle disparità sociali, dalle guerre, come ci dice Giovanni. “tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1 Gv. 5,19).

    Questo satana che ci vuole lontani da Dio sono le nostre passioni sregolate, l’orgoglio, la gelosia, la brama di potere, l’invidia, la smania di spadroneggiare, di imporci, i sentimenti di odio e di rancore che covano nei nostri cuori, l’ipocrisia.

     Sono questi il satana contro cui dobbiamo lottare nei quaranta giorni della nostra vita e soprattutto in questo tempo quaresimale poichè la Quaresima ne è il paradigma.

     Questa lotta spirituale non deve spaventarci, non la affrontiamo da soli e con le nostre sole forze, ma con Cristo stesso, con la consapevolezza del Vangelo e, con l’esempio efficace di Gesù che ha vinto con la forza della Parola. Dove giunge la parola di Cristo, qualunque satana è sconfitto poiché nel suo nome possiamo sottomettere ogni demone (Lc. 10,17).

     La Quaresima è infine il tempo del digiuno: digiuno da se stessi, dal proprio tornaconto. Deve essere un atteggiamento generoso e disinteressato che esige capacità di rinuncia e di distacco che non è possibile senza sottoporsi ad una dura ascesi. Non sia mai una semplice pratica di rito per sentirsi sicuri e meritevoli davanti a Dio.

     I profeti hanno avuto parole molto dure contro questo falso digiuno, Isaia tuona con parole terribili: “voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo?” (Is. 58, 4-7). E invece il digiuno a cui noi dobbiamo tendere è secondo ciò che ci indica Zaccaria: “Praticare la giustizia e la fedeltà, esercitare la pietà e la misericordia ciascuno verso il suo prossimo. Non frodare la vedova, l’orfano, il pellegrino, il misero, non tramare il male contro il proprio fratello” (Zc. 7, 5-10).

     Il vero digiuno deve sempre sfociare in gesti concreti di amore verso i fratelli e le sorelle, anche il digiuno materiale per cui ciò che va risparmiato non va rimesso nella dispensa, ma deve essere distribuito immediatamente a chi ha fame. Solo se noi digiuneremo in questo modo il nostro sacrificio sarà gradito a Dio e la nostra Quaresima avrà veramente senso.

     Ecco dunque, cari fratelli e sorelle,ogni tappa della vita è un tempo e un luogo propizio per credere, sperare e principalmente amare. Questo appello a vivere la Quaresima come percorso di conversione, preghiera e condivisione, ci aiuti a ripensare, nella nostra memoria comunitaria e personale, la fede che viene dal Cristo vivente, la speranza animata dal soffio dello Spirito e l’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre.

     Maria, Madre del Salvatore, fedele ai piedi della croce e nel cuore della Chiesa, ci sostenga con la sua premurosa, tenera e materna presenza, e la benedizione di Cristo crocifisso e Risorto ci accompagni nel cammino verso la luce nuova del cero pasquale.

Licata, sede episcopale, nel Mercoledì delle Ceneri

  Lì, 22-02.2023

†Agostino De Caro

                                                                        Arcivescovo Nosf