Un credente omosessuale è una persona che ama, prova affetto, attrazione fisica, e desiderio sessuale verso un’altra persona. Da questo punto di vista vorremmo confortare ciascuno di voi dicendo che l’Amore di Dio raggiunge ognuno e ciascuno ed Egli ci accetta così come siamo senza alcuna discriminazione, nemmeno per l’orientamento sessuale.

Ci chiama a servirlo attraverso l’Amore per il prossimo e nella responsabilità verso gli altri.

Un credente dovrebbe approfondire l’aspetto “Bibbia ed omosessualità”, “Fede ed omosessualità”. E’ importante anche approfondire una visione più laica di questo aspetto: ad esempio, tutti dovremmo leggere l’Art. 21 della Carta dei diritti fondamentale dell’Unione Europea che vieta qualsiasi discriminazione.

Nella Bibbia, è vero, ci sono versetti che a primo acchito sembrano condannare l’omosessualità, ma noi non interpretiamo il Testo Sacro in senso letteralista: la ricerca esegetica contemporanea è concorde nel dire che la condizione omosessuale e anche il legame d’amore che vincola de persone dello stesso sesso ad una vita di relazione duratura non hanno nulla a che vedere con quei versetti, piuttosto quello che è da condannare è l’eccesso di violenza, di dominio, di sopraffazione in ogni relazione d’amore, pur nel perdono e nella reciprocità siamo chiamati come credenti quando viviamo una storia d’amore.

Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. (Gal3, 28)

Qui di seguito troverai un po’ di materiale realizzato da p. Giuseppe Sugamiele che può aiutarti a comprendere, con strumenti seri, la Bibbia. Per qualsiasi dubbio, non esitare a contattarci e saremo felici di accoglierti e accompagnarti.

SACRA SCRITTURA ED OMOSESSUALITA’

Quando si tratta il tema dell’omosessualità e lo si vuol fare “cristianamente”, spesso a comandare non è la Parola di Dio (anche se lungamente citata) quanto il nostro modo di vedere sull’argomento: se il nostro pensiero è favorevole, allora la Bibbia ammette l’omosessualità, se è contrario, la Bibbia la condanna. Ma cosa dice la Sacra Scrittura in merito NELLA VERITA’? Anzitutto bisogna comprendere una cosa quando ci si approccia alle Sacre Scritture. “La Bibbia è Parola di Dio in sè ma parola di uomo di per sè.” Che significa?

Dio, attraverso lo Spirito Santo, ha ispirato i vari autori sacri a scrivere un messaggio, non certamente sotto dettatura ma, appunto, ispirando il messaggio stesso che, attraverso i loro scritti, Dio ha voluto dare ad ogni uomo e donna di tutti i tempi. Gli autori sacri, di conseguenza hanno trascritto il messaggio loro ispirato, ma lo hanno fatto con i mezzi a loro disposizione: la lingua, la cultura, le conoscenze(peraltro scarse e finite), la situazione politica, il contesto storico ecc…). Dunque qual è il compito che oggi si prefissa un esegeta o colui/ei che si approccia allo studio delle Sacre Scritture? Anzitutto quello di poter attingere non tanto dalle traduzioni, più o meno fedeli al testo originale, quanto al testo in lingua antica.

Ora andando nello specifico, sono diversi i passi che nei secoli sono stati riferiti nei confronti dell’omosessualità, in particolare l’episodio di Lot a Sodoma, in Genesi al capitolo 19, le prescrizioni in Levitico 18, 22 e Levitico 20, 13,prima lettera ai Corinzi 6, 9-10 e lettera ai Romani 1, 24-28.

Se analizziamo attentamente queste quattro citazioni bibliche e le vogliamo onestamente contestualizzare (ricordate che estrarre i versetti della Bibbia dal loro contesto serve solo a creare un pretesto!) vediamo come nell’ episodio di Lot a Sodoma, che invito a leggere, ciò che viene condannato come peccato di sodomia, non è l’atto omosessuale in sè, quanto la violenza che si vuole esercitare attraverso quell’atto. Infatti, se il peccato di sodomia fosse l’atto omosessuale, come verrebbe giustificato il versetto 4 dello stesso capitolo 19 in cui sta scritto “gli abitanti di Sodoma si affollarono attorno alla casa (di Lot), giovani e vecchi, tutto il popolo al completo”. Questo cosa significherebbe, alla luce del peccato di sodomia inteso come atto omoerotico? Che tutto il popolo di Sodoma, compresi i bambini e le donne, fossero omosessuali? Capiamo bene, dalle parole del testo stesso, che il peccato dei Sodomiti non è per nulla l’omoerotismo o l’omosessualità, anche perche a quel tempo, ma anche successivamente, fino al 1800, il termine o il concetto di omosessualità non era contemplato né come pratica né come identità di genere. Soltanto con la psichiatria ottocentesca viene coniato il termine “omosessuale”, parola composta da OMO (dal greco uguale) e SEXUALIS (dal latino sessuale) ed inserita tra le malattie psichiatriche fino al  17 maggio 1990, quando viene completamente depennata dalla classifica internazionale delle malattie e dei problemi correlati stilata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Ora, nell’episodio di Sodoma, cos’è la cosa grave? L’atto omoerotico, che non reca danno ad alcuno, anzi se fatto con amore, è espressione della donazione reciproca di due persone che si amano, o la violenza che è sempre sbagliata e illecita? Come possiamo affermare con certezza che in Gen 19 non è condannato l’atto omosessuale ma la violenza? E di quale violenza si parla? Questo ci viene già rivelato nel capitolo precedente all’episodio di Lot a Sodoma, ovvero in Genesi 18, 16-33, dove Dio preannuncia ad Abramo l’intenzione di distruggere Sodoma a causa dei peccati degli abitanti della città. Dunque Dio si riferisce ad una serie di peccati antecedenti l’episodio di Lot. Allora qual è il vero peccato dei Sodomiti contro Lot e la sua famiglia? Noi sappiamo che presso i popoli antichi l’ospitalità al forestiero era sacra e inviolabile, causa il disonore della famiglia ospite. Ora i Sodomiti vogliono abusare degli angeli che sono ospiti di Lot, dunque trasgredire una usanza fondamentale e di sacrale importanza dinanzi al popolo di Dio. Cosa fa allora Lot? Addirittura preferisce dare le proprie figlie “in pasto” ai Sodomiti perchè ne abusino, purchè non commettano un atto sacrilego nei confronti dell’ospitalità e di Dio (gli angeli nell’Antico Testamento indicano la presenza di Dio stesso). Dunque, il peccato di Sodoma non è l’atto omosessuale, ma la violenza contro l’ospite, il forestiero, colui che è nel bisogno. A sostegno di questa tesi possiamo analizzare il passo biblico del profeta Ezechiele al cap.16, vv.49-50, che spiega in modo esaustivo i peccati di Sodoma, che avevano portato alla decisione da parte di Dio di distruggere la città, come preannunciato ad Abramo. Nel testo, Dio, rivolgendosi a Gerusalemme, dice: “Ecco, questa fu l’iniquità di Sodoma, tua sorella: lei e le sue figliuole vivevano nell’orgoglio, nell’abbondanza del pane, e nell’ozio indolente; ma non sostenevano la mano dell’afflitto e del povero. Erano altezzose, e commettevano abominazioni nel mio cospetto; perciò le feci sparire, quando vidi ciò.”

Se vogliamo analizzare invece le due citazioni tratte dal Levitico, dobbiamo seguire lo stesso metodo di analisi. Bisogna comprendere che la legge mosaica è un insieme di norme che vengono date ad un determinato popolo, in un determinato contesto storico, politico e sociale e, soprattutto, dinanzi a delle esigenze anche di natura salutare. Nel libro del Levitico troviamo innumerevoli prescrizioni che, trasportate al giorno d’oggi – ma già al tempo di Gesù e degli Apostoli- ci fanno sorridere un po’. Ad esempio in Levitico 11 troviamo una serie di prescrizioni in cui compaiono animali che si possono mangiare ed altri ritenuti abominevoli. Tra questi abbiamo tutti quelli che ” non hanno né pinne né squame, tanto nei mari che nei fiumi, tutti quelli che si muovono nell’acqua e tutti quelli che vivono nell’acqua” di cui il Levitico dice “sono un abominio per voi. Essi saranno un abominio per voi; non mangerete della loro carne e avrete in abominio i loro corpi morti. Tutto ciò che nell’acqua non ha pinne e squame sarà un abominio per voi.” Levitico 11, 9-12.

A quali animali si riferisce? Certamente ai crostacei e ai molluschi che non hanno nè pinne e nè squame. Eppure, oggi, quante scorpacciate di cozze, vongole, gamberoni, aragoste ecc… ci facciamo? Ricordiamo bene che ogni singolo precetto della legge mosaica ha lo stesso valore e peso degli altri. Dunque, anche per le prescrizioni “contro i rapporti omosessuali”.

Perchè nella legge mosaica vengono vietati i rapporti tra persone dello stesso sesso? E qui dobbiamo ritornare al contesto storico e sociale del tempo a cui si riferiscono queste cose. Il libro del Levitico fa parte del Pentateuco, la cui stesura è tradizionalmente attribuita a Mosè. Tralasciando la Genesi, almeno nella sua parte iniziale, gli altri quattro libri Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio parlano del Popolo di Israele, della sua schiavitù in Egitto, della liberazione da parte di Dio per mano di Mosè, del cammino di quarant’anni nel deserto e l’arrivo nella terra promessa che verrà poi illustrato nel libro di Giosuè. Dunque il Popolo di Israele riceve la legge da Mosè mentre si trova nel deserto. Infatti se analizziamo bene tutte le prescrizioni, non sono altro che delle regole di convivenza civile, di sopravvivenza da malattie infettive anche sessualmente trasmissibili, quali gonorrea e sifilide, malattie causate dall’ingerimento di carni di animali poco igienici come il maiale o i crostacei o uccelli come gli avvoltoi. La prescrizione di non avere rapporti tra persone dello stesso sesso viene data al Popolo di Israele al capitolo 18, v.22. Ciò che è importante però, per comprendere il contesto scritturistico in cui si trova incastonato questo versetto, è l’incipit del capitolo 18 che ai versetti 1-3 dice: “Il Signore parlò a Mosè e disse:<<Parla agli Israeliti dicendo loro: “Io sono il Signore, vostro Dio. Non farete come si fa nella terra d’Egitto dove avete abitato, né farete come si fa nella terra di Canaan dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi>>”. Cosa vuole significare questo avvertimento di Dio al Popolo? Mosè sta avvertendo gli Israeliti di abbandonare le influenze ricevute nella terra d’Egitto, riguardo ai costumi nuziali e ai rapporti di natura sessuale, così come allo stesso modo avviene nella terra di Canaan. Ma quali sono queste pratiche da cui bisogna tenersi lontani? Nel capitolo 18 vengono elencate una serie di situazioni da evitare, come “Nessuno si accosterà ad una consanguinea , per scoprire la sua nudità”, dove l’espressione “scoprire la sua nudità” è un’espressione eufemica per indicare le relazioni sessuali; il capitolo continua poi con altre prescrizioni riguardo le relazioni sessuali, dove viene condannato l’incesto e la zoofilia, pratiche in uso presso gli Egiziani e i Cananei, da cui Mosè mette in guardia il Popolo. Infatti, alcune di queste pratiche, esulano i possibili disordini di natura matrimoniale, ma sono divieti strettamente legati a delle pratiche perverse, come la zoofilia o il giacere di un uomo con un altro uomo (attenzione, non si fa menzione di giacenza di donna con altra donna) che venivano praticati presso l’Egitto e la terra di Canaan come azioni rituali nei templi pagani. Infatti, presso i popoli antichi, tra le varie pratiche rituali per celebrare le divinità della fecondità e dell’amore, della terra e del raccolto, vi era la cosiddetta “prostituzione sacra”, che consisteva nell’avere relazioni sessuali con le sacerdotesse o sacerdoti del culto pagano per raggiungere, in modo sacro ed estasiante, i misteri divini e la fecondità. Questi atti sessuali venivano spesso consumati all’interno di orge, quindi, se il ministro pagano era un uomo, gli uomini avevano rapporti con lui, e viceversa le donne. Dunque ciò che nella legge mosaica viene condannato non è il rapporto omoerotico, bensì l’idolatria e i riti pagani, che si oppongono al primo comandamento del decalogo “Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio oltre me”. Anche in altri passi dell’Antico Testamento troviamo riferimenti alla condanna della prostituzione sacra come in Deuteronomio 23, 18-19 e in Osea 4,13-14. Inoltre il divieto di avere relazioni con persone dello stesso sesso era fine ad evitare che potessero nascere casi di unioni da cui non sarebbe esistita natalità, dunque, non poter avere nuove generazioni di bambini e quindi creare disagio alla demografia, con il rischio di decimare la popolazione, che già andava decimandosi a causa della pesantezza del viaggio. Inoltre, un altro dato importante da considerare è che per il Popolo di Israele, il seme, ovvero lo sperma, era sacro tanto quanto il sangue, perché, secondo la credenza ebraica, nel sangue e nello sperma era posta la vita. Inoltre , con un rapporto omoerotico, ci si opponeva alla natura dell’uomo che è quella di procreare.

 Se dall’Antico Testamento ci spostiamo al Nuovo, la prima cosa che possiamo affermare è che il Vangelo non menziona minimamente l’omosessualità. Quindi, se fosse stata un problema per Gesù, così come lo era l’ipocrisia e il falso legiferismo dei Farisei o piuttosto la ricchezza smodata di alcune caste, lo avrebbe certamente detto. I passi allora che si citano a riguardo sono sempre tratti dagli scritti di San Paolo.

Ma se il messaggio evangelico è universale e non è rivolto ad una popolazione o tribù o ceto in particolare, così non è per le lettere di San Paolo. Infatti, egli scrive a delle comunità cristiane ben precise e di derivazione spesso pagana. Nei casi delle due comunità a cui Paolo denuncia i rapporti cosiddetti “contro natura” possiamo affermare lo stesso principio fatto per Genesi 19. Non è l’atto omosessuale in sè che viene condannato, quanto lo scopo o la ragione per cui si compie.

Nelle comunità di derivazione pagana, spesso convivevano insieme ai principi e agli usi cristiani, alcune usanze rituali di natura idolatrica, quali, ad esempio, la prostituzione rituale, come abbiamo già accennato per il caso del Levitico. Allora San Paolo non condanna l’omosessualità in sè, ma il ritorno dei convertiti a Gesù Cristo verso il paganesimo, attraverso la pratica della “prostituzione sacra“.

Le due citazioni che vengono prese in considerazione dagli scritti di San Paolo e utilizzate per condannare l’omosessualità sono  Lettera ai Romani cap. 1, vv. 24-28 e Prima Lettera ai Corinzi cap. 6, vv. 9-10.

Nel capitolo primo della lettera ai Romani leggiamo una dichiarazione dell’ira di Dio nei confronti di empietà e ingiustizia. Viene così riportato da San Paolo un discorso lungo ben quindici versetti, contro le pratiche dei Gentili o pagani. Se però andiamo al capitolo 2 della stessa lettera, vediamo che Paolo si rivolge ad un ipotetico uomo, ammonendolo, come se fosse stato egli stesso a pronunciare le parole di giudizio, precedentemente scritte da Paolo. Allora qualcosa non torna. Perché Paolo scrive un discorso di condanna contro i Gentili e poi rimprovera chi ha l’ardire di pronunciare questi giudizi?

In questo ci viene in aiuto ciò che noi conosciamo di Paolo di Tarso e della cultura del tempo, grazie anche allo studio della storia e della cultura ellenistica, periodo in cui San Paolo scrive questa lettera.

Possiamo affermare, che il discorso che troviamo nel capitolo 1, vv. 18-32, non è altro che la trasposizione del pensiero degli ebrei ellenisti nei confronti dei Gentili, dunque, possiamo dire, l’avversione e il pregiudizio che questi hanno nei confronti dei pagani, e li accusano di essere ritornati ad adorare gli idoli e a praticare i rituali pagani, tra cui la prostituzione sacra. San Paolo, però, che è l’Apostolo dei Gentili, con questo discorso, ammonisce i pregiudizi degli Ebrei ellenisti, in difesa dei Gentili convertitesi al cristianesimo e pronuncia le parole che troviamo nel capitolo 2 della lettera ai Romani vv.1-6.

Per quanto concerne invece la Prima Lettera ai Corinzi cap. 6, vv.9-10, dobbiamo cercare di capire il significato dei termini utilizzati per condannare determinate categorie di peccatori.

Vengono elencati infatti chi sono gli ingiusti che non erediteranno il Regno di Dio, tra questi compaiono gli immorali, gli idolatri, gli adulteri, i depravati, i sodomiti, i ladri, gli avari, gli ubriaconi, i calunniatori, i rapinatori. Le varie traduzioni riportano termini diversi per indicare la categoria dei depravati (in alcune traduzioni effeminati) e dei sodomiti. Leggendo in lingua originale, cioè in greco, questo capitolo 6 della prima Lettera ai Corinzi, ci accorgiamo subito che i termini per indicare i depravati o effeminati è malakos, mentre per indicare coloro che vengono definiti dalle traduzioni i sodomiti è utilizzato il termine arsenokoites. I due termini hanno un significato molto più complesso rispetto a ciò che le varie traduzioni ci fanno apparire (per questo all’inizio dicevamo che è importante quando ci si approccia allo studio delle Sacre Scritture, avere i testi in lingua originale).

Infatti i cosiddetti malakos sono quegli  uomini che nell’atto sessuale risultano passivi, dunque molli o effeminati, mentre gli arsenokoites sono coloro che nell’atto omoerotico risultano essere attivi. Se prendiamo però in considerazione la teoria di Michel Foucault, noto filoso, sociologo e storico della scienza, secondo la quale, nel mondo antico, non esisteva la concezione di omosessualità come inclinazione psichica, ma solo la consapevolezza degli atti omoerotici, allora nessuno di questi due termini si riferisce o parla di omosessuali nel senso moderno del termine.

Come abbiamo infatti accennato prima, la parola omosessuale ha connotazioni assai recenti, rispetto al tempo storico in cui sono scritti i fatti narrati nelle lettere di di San Paolo. Per questo molti esegeti sostengono che Paolo non sapesse affatto cosa fosse un omosessuale, bensì che credesse che chi si dava agli atti omoerotici fosse una persona attratta dalle donne, ma che per vizio e smania di trascendere dei limiti, si concedeva a rapporti con lo stesso sesso, all’interno di un gioco di frenesia pagana. Paolo non soltanto non sapeva cosa fosse un omosessuale, ma neppure aveva davanti agli occhi la configurazione moderna delle “coppie gay” stabili e intente a formare una famiglia basata sull’amore e il rispetto reciproco; l’unica cosa che percepiva nella sua epoca era l’atto omoerotico vissuto in un contesto extraconiugale, e per giunta per vizio o per ritualismi pagani. Ciò non implica che non esistessero coloro che oggi sono chioamati omosessuali, ma semplicemente non venivano avvertiti come tali, e dunque questo brano sopra riportato e tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi parla di altro.

Infatti San Paolo si riferisce proprio ai culti relativi al paganesimo   che si stavano mescolando insieme ai riti e alla fede cristiani. Infatti Corinto, insieme alla Fenicia, ad Erice in Sicilia e a Locri nella Magna Grecia, erano le località dove maggiormente erano paraticati dei riti pagani di natura sessuale ed orgiastica che abbiamo già precedentemente descritto.

Dunque anche nella Prima Lettera ai Corinzi non sono gli omosessuali in quanto tali ad essere condannati, ma i cosiddetti “prostituti/e del sacro” e i loro riti, che stavano trascinando nuovamente nel paganesimo i cristiani di Corinto.

 Potremmo continuare a parlare di questo tema all’infinito. La sessualità nella Sacra Scrittura non è condannata, nè omo nè etero. Anzi è addirittura celebrata, vedete ad esempio il libro del Cantico dei cantici in lingua originale, in cui il tema della sessualità è affrontato in modo sacro, idilliaco, quasi divino e soprattutto con metafore e similitudini che rasentano la realtà dell’atto erotico e sessuale stesso. La Parola di Dio è per l’uomo e mai contro l’uomo; non condanna neanche il peccatore: è il peccatore stesso che si autocondanna commettendo il peccato e rifiutando e autoescludendosi dalla misericordia e dal perdono di Dio. Amiamo dunque la Parola di Dio e, attraverso questa, amiamo l’uomo che vediamo, perchè se diciamo di amare Dio che non vediamo, non abbiamo scuse per non amare l’uomo che invece vediamo, sentiamo, tocchiamo e, spesso, facciamo soffrire (1Gv 4, 20-21).